Sulla scia tracciata dal Dl 146/2021, convertito con la legge 215/2021 ha introdotto ulteriori importanti novità materia di salute e di sicurezza sul lavoro. In particolare, il legislatore è intervenuto sul fronte della formazione delle diverse figure della prevenzione, apportando alcune modifiche destinate ad avere un forte impatto sulle aziende. Sta facendo molto discutere il giro di vite operato anche per l’obbligo formazione del preposto per la sicurezza, che i datori di lavoro.
Aumentano gli obblighi in capo al datore di lavoro e al dirigente previsti all’art. 18 comma 1: con l’aggiunta del punto b-bis) è infatti introdotto l’obbligo di individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza previste al successivo art.19. Quindi il datore di lavoro, oltre a nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nominare il medico competente, designare gli addetti alla gestione delle emergenze (antincendio, primo soccorso, ecc.), deve ora individuare anche il preposto/i preposti.
Un’altra direttrice fondamentale seguita dal legislatore è, anche quella della rimodulazione della disciplina sulla formazione obbligatoria, attraverso un pacchetto di altre misure, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, di cui alcune sono già immediatamente operative mentre alcune altre richiedono dei successivi provvedimenti attuativi. In relazione alle prime, spiccano le modifiche sulla formazione dei preposti che, come vedremo, trovano la loro ratio fondamentale nella necessità di un rafforzamento della valenza del ruolo prevenzionale di questa figura. Infatti, la legge n. 215/2021, nel modificare l’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, ha inserito il nuovo comma 7-bis in base al quale per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti la loro formazione deve essere svolta «(…) interamente con modalità in presenza (…)».
Di conseguenza, almeno da una prima lettura di questa disposizione, sembra di capire che scompare la possibilità, riconosciuta espressamente dall’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, di svolgere alcuni argomenti previsti nella formazione aggiuntiva (numeri da 1 a 5 dell’accordo) e l’aggiornamento del preposto in modalità e-learning, essendo ammessa in entrambi i casi la sola modalità in presenza.
Tuttavia, sembra che il legislatore abbia dimenticato che è tuttora in atto la pandemia provocata dalla Sars-Cov-2 e non ha introdotto alcuna specifica deroga. Per altro questa nuova disposizione confligge anche con la disciplina del protocollo condiviso dalle parti sociali del 6 aprile 2021 che stabilisce che: «È comunque possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in lavoro agile e da remoto».
Appare auspicabile, quindi, quanto prima un intervento chiarificatore sulla portata di questa nuova disposizione visto il delicato momento dovuto alla nuova ondata di contagi, ma il dato certo è che, purtroppo, ancora una volta si è persa l’occasione di disciplinare in generale la formazione a distanza in modalità sincrona e, per altro, si ha la sensazione che il legislatore confonda l’e-learning con la Fad (che, invece, sono strumenti diversi).
Comunque, poiché come già rilevato, le disposizioni della legge n. 215/2021 sono entrate in vigore il 21 dicembre 2021, i corsi di formazione e di aggiornamento per i preposti tenuti in precedenza secondo le vecchie regole sono da ritenersi validi, ma molti dubbi sorgono per quelli in itinere.
Altra importante innovazione su questo versante è l’inserimento nell’art. 37, comma 7-ter, del D.Lgs. n. 81/2008 di una previsione specifica sulla periodicità dell’aggiornamento della formazione dei preposti.
Infatti, ora la stessa deve essere ripetuta con cadenza almeno biennale e comunque «(…) ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi».
Pertanto, rispetto a quanto prevede l’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, l’obbligo dell’aggiornamento passa da quinquennale a biennale, mentre resta fermo che l’obbligo dell’aggiornamento scatta immediatamente in caso variazioni del quadro espositivo ai rischi che già era possibile desumere, comunque, dalla previgente normativa.
Da rilevare che, comunque, secondo l’interpretazione seguita da alcune associazioni nazionali la formazione biennale dei preposti, da svolgersi interamente in presenza, in virtù del combinato disposto dei commi 7 e 7-bis dell’art.37 del D.Lgs. n. 81/2008, entrerà in vigore contestualmente alla rivisitazione e la modifica degli accordi attuativi del D.Lgs. n. 81/2008, entro il 30 giugno 2022, secondo quanto prevede ora il comma 2, secondo periodo, dell’art. 37 del citato decreto, di cui si dirà più avanti.
Questo nuovo giro di vite sulla formazione e l’aggiornamento obbligatorio del preposto trae origine dall’evidente obiettivo del legislatore di puntare decisamente su questa figura della catena di comando e controllo, per assicurare una più efficace prevenzione degli infortuni sul lavoro in ambito aziendale, esaltando ulteriormente il suo ruolo di vigilanza attiva.
Infatti, per effetto delle modifiche apportate all’art. 19, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008, il preposto non solo è tenuto a sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei Dpi messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, ma è altresì tenuto a intervenire per modificare il comportamento non conforme, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza.
Inoltre, in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, è suo obbligo interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.
Per altro, questo dovere d’intervento è stato ulteriormente esaltato anche con l’aggiunta, sempre nel comma 1, del citato art.19 del D.Lgs. n. 81/2008, della lettera f-bis, in base alla quale, in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza è dovere del preposto «(…) se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate». In caso di violazione dell’obbligo in questione è prevista la sanzione dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro (art. 56, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008).
Ecco, quindi, che a ben vedere il legislatore non ha fatto altro che codificare con maggiore chiarezza gli orientamenti espressi in questi anni dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina sul ruolo disegnato per il preposto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2008, che ha anche il dovere d’intervenire nel caso s’instaurino delle prassi di lavoro scorrette e sospendere l’attività qualora mettano in pericolo la salute e la sicurezza dei lavoratori, e quindi di gestore del rischio.
Di conseguenza, proprio in ragione di queste importanti responsabilità che con la legge n. 215/2021, è stata operata anche una modifica all’art.18, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, con l’inserimento della nuova lettera b)-bis che anche in questo caso mette nero su bianco una previsione che già si desumeva chiaramente da varie norme di tale decreto, ossia l’obbligo per il datore di lavoro e il dirigente d’individuare i preposti, con la precisazione che questi non possono «(…) subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività».
Inoltre, con la stessa novella è stato altresì previsto che i contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di vigilanza.
Si tratta di una norma che appare destinata a far molto discutere giuristici e operatori in quanto riconosce all’autonomia delle parti del contratto di lavoro e all’autonomia collettiva il potere di prevedere un compenso per tali attività.
Addestramento: il registro per tracciare le attività Un’altra modifica già immediatamente in vigore, introdotta anche quest’ultima in sede di conversione del D.L. n. 146/2021 da parte della legge n. 215/2021, tocca il versante dell’addestramento. Tuttavia, il legislatore in questo caso è intervenuto solo superficialmente, attraverso una rimodulazione del comma 5 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, senza apportare però quelle modifiche che erano pur necessarie per conferire all’attività addestrativa un maggior rigore.
Non va sottaciuto, infatti, che com’è possibile rilevare dall’ormai sterminata giurisprudenza della Cassazione in molti casi la causa dell’infortunio non è stato tanto un difetto dei corsi di formazione in se quanto l’omesso o carente addestramento.
Invece, il legislatore nel mantenere ferma la previgente previsione che l’addestramento deve essere effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro, da un lato riprendendo la ben nota definizione contenuta nell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008 ha ulteriormente ribadito che «L’addestramento consiste nella prova pratica, nel caso dell’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale;
l’addestramento consiste, inoltre, nella esercitazione applicata nel caso delle procedure di lavoro in sicurezza».
Dall’altro, invece, ha previsto che gli interventi di addestramento effettuati dovranno essere tracciati attraverso un apposito registro anche informatizzato. La norma non aggiunge altro, dando così piena autonomia alle aziende.
Accordi Stato-Regioni
Sempre per quanto riguarda la formazione, il pacchetto delle misure che entreranno in vigore successivamente si articola su due punti.
Infatti, in ragione dell’attuale frastagliato quadro regolamentare, come accennato, la legge n. 215/2021 ha previsto anche un riassetto della disciplina contenuta nei diversi accordi Stato-Regioni relativa ai lavoratori e alle altre figure (dirigenti, preposti eccetera).
In particolare, al comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 è stata inserita la nuova disposizione che prevede che, entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano dovrà adottare un accordo di accorpamento, rivisitazione e modifica degli accordi attualmente vigenti in materia di formazione in modo da garantire due aspetti
così sintetizzabili:
• l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
• l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di quelle delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Invero, proprio in relazione alla lettera b) si coglie una importante novità normativa.
Infatti, questo accordo dovrà anche regolamentare le verifiche dell’apprendimento sul campo, quindi durante l’attività lavorativa, superando così il vecchio modello imperniato sostanzialmente sulla verifica in aula che spesso si dimostra poco efficace.
Resta da capire se questa riforma sarà estesa anche all’accordo Stato-Regioni 22 febbraio 2012, riguardante l’abilitazione e l’aggiornamento degli addetti a determinate attrezzature di lavoro, e se finalmente darà anche attuazione a quanto prevede il D.P.R. n. 177/2011 in materia di luoghi confinati o sospetti d’inquinamento:
è da un decennio che si attende l’emanazione di questo provvedimento, cosa non più ammissibile in un ambito così delicato dove si continua a morire.
La formazione per i datori In sede di conversione del decreto, la legge n. 215/2021 è intervenuta, inoltre, anche sull’art.37, comma 7 del D.Lgs. n. 81/2008, stabilendo che oltre ai dirigenti e i preposti
ora anche gli stessi datori di lavoro devono ricevere «(…) un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, secondo quanto previsto dall’Accordo di cui all’articolo 37, comma 2, secondo periodo».
La formazione dei datori di lavoro, quindi, non pare quella prevista dall’art. 34 nel caso di svolgimento diretto da parte degli stessi dei compiti di prevenzione e di protezione, bensì, a quanto sembra di capire, dovrebbe trattarsi di una formazione obbligatoria che riguarda tutti i datori di lavoro (amministratori delegati, presidenti del consiglio di amministrazione eccetera) legata proprio al ruolo che queste figure ricoprono ai fini della salute e della sicurezza sul lavoro.
In questo modo, quindi, è stato colmato un vuoto normativo che ha generato una situazione quasi ai limiti del paradosso, ma per comprendere se questa modifica sarà realmente efficace occorrerà valutare come in sede di conferenza Stato-Regioni questa formazione sarà regolata. Certamente non sarà facile visto che si tratta di formare la cosiddetta “alta direzione”.
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