Il dettato dell’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 81 del 2008 (come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 106 del 2009) afferma che: «Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’art. 2549 e seguenti, codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il lavoratore di cui al D.Lgs. 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni» (gli addetti ai lavori socialmente utili).
Dalla norma si deduce chiaramente che quanto definisce il lavoratore non è la tipologia contrattuale, né il fatto di percepire una retribuzione, ma «prestare la propria attività lavorativa all’interno (…) dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato»: si tratta, dunque, di un rapporto di “scambio continuo” in cui il datore di lavoro predispone ciò che il dipendente deve fare, in quale modo, entro quali tempi e secondo quali procedure e il lavoratore si inserisce svolgendo la propria attività, acquisendo una serie di obblighi e di diritti, tra cui tutto ciò che concerne la tutela della propria persona e la sicurezza del posto di lavoro, che il datore di lavoro è tenuto a garantire.
Il lavoratore è tenuto a prestare la propria attività, adempiendo a quanto previsto dal proprio contratto individuale e ha una serie di doveri legati alla stessa sua “situazione” di lavoratore subordinato: il dovere di diligenza, dettato dall’articolo 2104 del codice civile, secondo cui questa figura deve agire usando la diligenza connessa alla natura della prestazione che svolge, all’interesse dell’impresa e della produzione nazionale e ai suoi doveri derivanti dalle istruzioni ricevute dall’imprenditore e dai suoi collaboratori gerarchicamente superiori; ne consegue, dunque, un dovere di obbedienza riguardante tutte le indicazioni ricevute in merito all’organizzazione del lavoro e alle regole di convivenza con i colleghi, con l’unica eccezione rappresentata dall’eventuale “ordine vietato dalla legge”, per cui diventa legittimo il rifiuto del lavoratore che si oppone all’esecuzione di un ordine vietato dalla legge.
Non meno importante il dovere di fedeltà, dettato dall’articolo 2105 del codice civile che vieta al lavoratore di «trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione ed ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio».